Sito dell'Assessorato alla Cultura, Turismo e Spettacolo del Comune di Piano di Sorrento
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Maggio 1979 - anno 1 numero 2 (articoli scelti) torna al giornale
Cultura e religiosità in un felice accostamento a Piano
La Domenica delle Palme di questo agitato 1979 (agitato sul piano nazionale ed internazionale) è stata, per i cittadini di Piano e della penisola, che hanno fatto ala o sono stati partecipi dell’avvenimento, un’occasione felice, trascorsa all’insegna dell’arte e della religiosità.
Nella mattinata, infatti, nell’ampia ed animata Piazza Cota, i pittori, chiamati a dar prova di sé dal giornalista Lorenzo Piras ed dal dinamico presidente della Pro Loco, capitano Giuseppe Russo, hanno rappresentato, su ampie tele, gli episodi della Via Crucis.
Ciascuno degli artisti ha dato quanto la sua sensibilità religiosa e spirituale gli ha dettato, riuscendo a tenere avvinta la partecipe e silenziosa attenzione dei numerosi spettatori: Gaetano Rancatore, Antonino Bertè, Vincenzo Stinga, Giuseppe Caliri, Ciro Ruggero, Raffaele Bavenni, Raffaele Borsiglini, Mario Gallinari, Pasquale Fiorentino, Antonio Schisano, Salvatore Cinque, Carlo Coppuro, Michele Di Maio, Arnaldo De Luise hanno realizzato pittoricamente quanto la tradizione evangelica e cristiana ci ha tramandato.
Ma non si è trattato qui di una pura e semplice mostra d’arte o d’una competizione fra pittori, quanto di una manifestazione che ha inteso fondere arte e religione.
Infatti, nel pomeriggio, c’è stata la solenne visita e celebrazione tenuta da Mons. Zama, arcivescovo di Sorrento, assistito dal clero locale, da una confraternita di fedeli e da una folla che faceva ala e partecipava al rito, con commozione e fede.
Il prelato ha chiarito il significato attuale della manifestazione ed il rito possono e debbono avere per credenti e per i fedeli: la Via Crucis deve essere sentita come invito a partecipare all’opera del Signore, a lottare con le difficoltà, per costruire un mondo migliore, più umano e cristiano.
La giornata, caratterizzata quindi dal riuscito binomio (se così possiamo esprimerci) tra arte e fede, ha animato oltremodo la vita cittadina, ed ha avuto vasto e meritato eco nei giornali e nei commenti della popolazione.
Piano, in cui operano da tempo numerosi cultori dell’arte figurativa, in genere disponibili ad ogni manifestazione suscettibile di diffondere l’arte ed il senso estetico fra i cittadini, potrebbe acquisire una sua propria fisionomia, col ripetersi di tali iniziative.
L’arte, uscenda da ambienti ristretti e d’élite da turris eburnea in cui troppo spesso si chiude, divenendo un mondo per iniziati, deve invece acquistare anche una dimensione popolare e sociale, potendo sempre costituire un’oasi in un mondo fin troppo confuso e abbrutito.
Ci auguriamo che i valenti organizzatori e i loro collaboratori sappiano continuare la loro battaglia e diano luogo ad altre iniziative, suscettibili altretutto di fornire nuovi richiami e stimoli al turismo della penisola sorrentina.
Tommaso Di Prisco
Col 1° gennaio 1979, dopo una intera vita passata al servizio dei cittadini di Piano, la signora Anna Cafiero ed il cav. Nicola La Ragione sono andati in pensione.
L'attaccamento al lavoro, la disponibilità più completa e la indiscussa competenza che hanno sempre dimostrato ce ne faranno sentire la mancanza per lungo tempo.
Nella foto sono ritratti al momento del loro commiato assieme al sindaco Gargiulo ed al segretario comunale Vingiani.
Storia dei Toponimi – 1º San Liborio
Ognuno sa (e l’ha potuto constatare personalmente chissà quante volte) che nel volto di una persona adulta rimangono alcuni dei tratti fondamentali del volto, che aveva da fanciullo; perciò, a guardarla bene, anche dopo molti anni, si può riconoscere una persona, aiutandoci col ricordo del viso, conosciuto negli anni della sua fanciullezza.
Questa ovvia verità è esposta da Dante in un ben noto passo del Paradiso, allorché parla di Piccarda Donati, che egli finge d’incontrare nel cielo della Luna, dove gli spiriti beati si mostrano ancora con le loro sembianze, benché trasfigurate dalla gloria celeste. (Cfr. Paradiso: III, 37-63). Ciò, per amore di brevità, solo i versi conclusivi, quelli, appunto, nei quali Dante spiega, perché non aveva riconosciuto subito Piccarda e come ora riesce a raffigurarla:
“...Ne’ mirabili aspetti
vostri risplende non so che divino,
che vi trasmuta dai primi concetti;
però non fui a rimembrar festino;
ma or m’aiuta ciò che tu mi dici,
sì che raffigurar m’è più latino.”
Si tenga presente che: “i primi concetti” vuol dire: il volto conosciuto durante la vita terrena di Piccarda, e che “raffigurar m’è più latino” significa: m’è più facile ricordarmi di te, riconoscerti. (Fra parentesi: per Dante latino = facile).
Qualche cosa di simile capita anche ai paesi ed alle città; col trascorrere degli anni (o dei secoli) i luoghi abitati cambiano d’aspetto; crescendo si trasformano in modo tale, da non esser più riconoscibili ed il ricordo di com’erano prima finirebbe con lo scomparire, se non vi fossero provvidenziali documenti a salvarlo. Cambiano pure i nomi: nomi vecchi scompaiono dai documenti ufficiali e ne compaiono dei nuovi. I nomi vecchi rimangono, talora, nella tradizione, trasmessa dapprima oralmente, che, in seguito, è accolta e codificata. Qualche volta la tradizione viene conservata fedelmente; in altri casi viene deformata, cammin facendo, e bisogna provvedere a correggerla, se si può, ma sempre la correzione viene fatta, o la si fa in modo giusto: usando, cioè, la testa e gli occhi. Capita, infatti, che la correzione è un rimedio peggiore del male, perché è fatta con i piedi.
Qualche volta succede pure che, restando più o meno uguale la toponomastica di una località, il suo nome viene mutato, ma non per un motivo ben preciso ed ufficiale: la mutazione avviene semplicemente per ignoranza ed incuria da parte degli amministratori locali. Cito un esempio, che riguarda il nostro comune. Tutti conosciamo il nome di San Liborio e non soltanto per i suoi celebri latticini! Ebbene: il suo nome esatto non è San Liborio, ma San Gregorio.
Come si è riusciti a travisare il nome di San Gregorio in quello di San Liborio? Vi si è giunti, perché, invece di usare la testa e gli occhi, sono usati malamente i piedi, nell’italianizzare il dialetto locale. La pronuncia di San Gregorio, nel dialetto di un tempo, era; Santo Reguore. Fu italianizzata (come risulta da scritti del secolo scorso) in San Liguori. Sarebbe curioso sapere quale fra i molti Santi della Chiesa abbia questo nome. Battezzato col nuovo nome il rione, la gente cominciò, sempre in dialetto, a dire: Santo Luore. Venne il momento di italianizzarlo il nuovo nome dialettale, e li si giunse a San Liborio. Bastava usare, dicevo, testa ed occhi. Bastava consultare qualche documento, magari qualche atto notarile. Si sarebbe facilmente trovata l’espressione: “loco Sancti Gregorii”. Oppure era sufficiente entrare nella cappella, che è sulla piazzetta del rione, ed osservare il quadro che è sull’altare principale. Vi è la Madonna ed ai suoi piedi un Santo con la tiara sulla testa.
Quindi è un Papa. San Liborio, a quanto risulta, fu solo un vescovo: di Le Mans, in Francia, dal 348 al 397 d.C. In caso di ignoranza di storia ecclesiastica, si poteva chiedere al rettore del suddetto oratorio, chi fosse il Santo, raffigurato fra i piedi della Madonna. Egli avrebbe risposto con chiarezza: “È San Gregorio Magno, il Santo che convertì i Longobardi!”
Evidentemente queste semplici osservazioni non furono, a suo tempo, argomento di riflessione per gli amministratori locali, e qualcuno, più letterato degli altri, si arrogò il compito di raddrizzare il toponimo dialettale, trasformandolo in puro idioma italiano. Ma incorse in errore tanto chiaro quanto marchiano. Non sarebbe, oggi, il caso di correggerlo, dando a... San Gregorio quello che è di San Gregorio.
P. Bonagura
(pseudonimo di don Alfredo Ammendola - n.d.r.)
RADIO PIANO
Sotto l’abile guida della presidentessa Rosellina Gargiulo e con l’oculata amministrazione del caro amico Tommaso Cappiello, Radio Piano di Sorrento si avvia a compiere il terzo anno di trasmissioni al servizio della comunità.
Tutti i suoi programmi sono quanto mai vari ed interessanti ma il più importante e più seguito è “Parlando con voi”: incontro giornaliero, dalle 9.00 alle 12.00, tra le casalinghe e degli esperti che offrono la loro esperienza direttamente agli interessati che telefonano sempre più numerosi.
Il successo del programma è stato tale che fra poco sarà pubblicato un libro che raccoglie consigli e ricette dei radioascoltatori. I bambini hanno un loro angolo, quotidiano, dalle 16.00 alle 17.00 con la possibilità di vincere dei ricchi premi. Gli appassionati di musica napoletana hanno tutti i giorni il loro appuntamento dalle 13.30 alle 14.30. La musica folk e pop ha un programma settimanale il martedì dalle 19.30 alle 21.00.
Poi sotto varie sigle ed in vari orari esiste un grandissimo spazio per la musica che piace di più ai giovani: la disco-music. Altri programmi graditissimi sono: “Palcoscenico napoletano” che va in onda ogni giovedì dalle 17.00 alle 18.00; “Tradizioni napoletane” trasmesso il mercoledì dalle 17.00 alle 18.00; “Zibaldone” un programma di fatti, cronaca e spettacolo che interessano la nostra penisola, tutti i sabato dalle 17.30 alle 18.30; “Bingo” la domenica mattina fino alle ore 10.30; “Alta fedeltà” il lunedì dalle 18.00 alle 19.00.
Per concludere, nell’augurare agli amici di Radio Piano sempre maggiori successi, vi ricordiamo che essi trasmettono sulle frequenze: 91.950 MHZ e 99.600 MHZ e il loro numero telefonico è il: 8787933.
L’ANDAMENTO DEMOGRAFICO A PIANO DI SORRENTO DAL 1846 AD OGGI
Il comune di Piano di Sorrento, che ha assunto tale nome dal 1863, presenta una dinamica demografica molto interessante, tipica dei paesi della penisola sorrentina.
I sei paesi (da Vico a Massa Lubrense) della penisola hanno avuto un’evoluzione demografica analoga: c’è stata una fase di aumento dal 1846 (censimento borbonico) al 1871, seguita da una di decremento, fino al 1931. La popolazione ha ripreso la crescita col censimento del 1936, ed ha fatto un grande balzo in avanti nel successivo censimento del 1951-71, quale non aveva mai mostrato di poter fare in precedenza.
Nel primo censimento considerato, quello del 1846, il comune di Piano (che inglobava l’attuale S. Agnello), faceva registrare 11.482 abitanti, ma a Piano non dovevano appartenere più di 7000 cittadini.
Coll’unità al Regno d’Italia, anche Piano passava dai Borboni alla dinastia dei Savoia, che indicevano il primo censimento del Regno d’Italia: Piano risultava avere allora 7224 abitanti, ed era il quarto comune della penisola per popolazione, dopo Vico Equense, Massa Lubrense e Meta.
Dieci anni dopo, quando ancora l’economia della zona viveva un florido periodo, legato alle fortune della marineria locale ed al commercio internazionale, Piano (che si chiamava ora Piano di Sorrento, e, dal 1866, si era limitato all’attuale territorio, essendosi staccato anche S. Agnello), segnava 8582 abitanti.
Allora il centro era terzo per popolazione, dopo Vico e Massa.
Nel censimento del 1881 l’intera penisola perdeva in tutto 340 abitanti, e Piano ne registrava 8417, cioè ben 167 in meno.
Tale fenomeno si accentuava col censimento del 1901: la penisola aveva oltre 500 abitanti in meno, rispetto al precedente censimento! Piano passava da 8417 a 7829 abitanti.
Nel novecento, per circa un trentennio, la popolazione della penisola rimaneva stazionaria, segno che la situazione economica non era favorevole: infatti le attività tradizionali, quella armatoriale, mercantile, agricola, erano entrate in progressiva crisi.
Nel 1911, pertanto, Piano aveva 7773 abitanti, ed ancor, peggio stavano le cose nel 1921; quando il comune registrava 6827 abitanti e tornava quarto nella “classifica” per popolazione dei sei comuni.
Dieci anni dopo la penisola sorrentina sfiorava il minimo di popolazione della sua storia (relativamente al 900), con 47.054 (6 abitanti in più rispetto al 1901!) e Piano toccava il livello minimo di popolazione: gli abitanti erano 6724 (e si badi che nel 1861 erano invece 7224!).
Cinque anni dopo il regime fascista ordinava un censimento non più decennale, ma quinquennale: la penisola riprendeva il suo incremento demografico (grazie alla propaganda del regime?) e Piano aveva 6911 cittadini.
La seconda guerra mondiale impediva, tra l’altro il censimento del 1941, e così bisognava aspettare il 1951, per il primo censimento della Repubblica Italiana: la penisola aumentava di circa 5.000 abitanti, rispetto al 1936 (nonostante la guerra) e Piano aveva una popolazione di 7699 abitanti, con 788 abitanti in più rispetto all’ultimo censimento.
La tendenza all’enorme sviluppo demografico della penisola era confermata dagli ulteriori censimenti: 8637 abitanti per Piano e 56.702 abitanti per l’intera penisola nel 1961 (in un secolo, c’era stato un aumento di 12.032 abitanti, corrispondente ad un incremento del 26,9%).
Nel 1971 gli abitanti di Piano erano 9.189 (e 64.502 quelli della penisola).
Gli ultimi dati, relativi al 1978, rivelano la presenza di 10.658 abitanti nel territorio comunale.
La ripresa economica, il normale andamento demografico e l’immigrazione di cittadini dai paesi vicini spiegano il notevole aumento di popolazione del comune negli ultimi 30 anni.
Tommaso Di Prisco